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Responsabilità sanitaria 2025: come le patologie preesistenti influenzano il risarcimento del danno biologico

  • Immagine del redattore: Samuele Marchetti
    Samuele Marchetti
  • 17 nov
  • Tempo di lettura: 3 min

Come la Cassazione si è recentemente pronunciata su un tema delicato


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Nel panorama della responsabilità sanitaria, il 2025 si apre con una novità rilevante che coinvolge direttamente medici, direttori sanitari e strutture sanitarie. La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 17006/2025, ha chiarito un aspetto cruciale:

in presenza di patologie preesistenti del paziente, il risarcimento del danno biologico può essere ridotto automaticamente.


Si tratta di un principio destinato ad avere impatti significativi sulla gestione clinica, sulla documentazione sanitaria e sulle prassi di consenso informato. Non solo: questa decisione accelera la tendenza — ormai evidente negli ultimi anni — verso una crescente attenzione alla gestione del rischio clinico e del contenzioso.


Perché questa sentenza è importante

La decisione della Corte riconosce che le condizioni pregresse del paziente possono influire in modo determinante sull’esito dell’intervento o della prestazione sanitaria.Di conseguenza, il danno risarcibile deve tener conto anche di ciò che il paziente “porta con sé” al momento della cura.


Questo orientamento sposta l’attenzione dalla sola condotta del medico alla visione sistemica del percorso clinico:

  • valutazione preliminare,

  • raccolta anamnestica,

  • documentazione,

  • comunicazione,

  • gestione del rischio.


Tutti passaggi che diventano protagonisti non solo della qualità dell’assistenza, ma anche della tenuta medico-legale del caso.


Tre ricadute operative per strutture e professionisti

Per medici, direttori sanitari e responsabili di risk management, la sentenza rappresenta un invito chiaro a rivedere processi e comportamenti interni. Ecco tre punti chiave.


1. Valutazione iniziale e cartella clinica più strutturate

La presenza di patologie preesistenti deve essere registrata in modo completo, accurato e tempestivo. Una cartella clinica ben costruita diventa la base per dimostrare che il professionista ha considerato tutti i fattori di rischio già prima dell’intervento. Documentare significa prevenire: sia in termini clinici che legali.


2. Consenso informato chiaro e realistico

Il paziente deve comprendere che la sua storia clinica può influire sul risultato dell’intervento e, potenzialmente, anche sulle responsabilità mediche. La prestazione sanitaria non è mai “standard”: è personalizzata, e questo deve emergere chiaramente nella comunicazione pre-operatoria.

Un consenso informato efficace non è un modulo prestampato: è un processo, un dialogo, e oggi più che mai un presidio contro il rischio di contenzioso.


3. Formazione e gestione del rischio come leve strategiche

La valutazione delle patologie preesistenti non è solo un atto clinico. È una leva di gestione del rischio che coinvolge non solo medici, ma anche infermieri, tecnici, amministrativi e personale di front-line. Formare il personale significa garantire coerenza, qualità e tutela per l’intera struttura.

In un contesto normativo e giurisprudenziale in continua evoluzione, la promozione della cultura del rischio diventa uno degli strumenti più efficaci per anticipare — anziché inseguire — il contenzioso.


Uno scenario che cambia: come rispondere?

La responsabilità sanitaria non è una materia statica. Cambiano le sentenze, cambiano le aspettative dei pazienti, cambia il ruolo della documentazione clinica. Le strutture che investono in formazione, revisione dei processi e comunicazione interna non solo riducono il rischio di contenzioso, ma migliorano la qualità delle cure e la percezione di sicurezza da parte dei pazienti.


E tu come gestisci le patologie preesistenti nella tua pratica clinica?

La sentenza apre una discussione importante su come le strutture sanitarie italiane gestiscano oggi il tema delle condizioni pregresse e su quali strumenti adottino per documentarle, comunicarle e integrarle nel processo decisionale clinico.

Medici, direttori sanitari e professionisti del settore:come affrontate questo passaggio nei vostri percorsi diagnostico-terapeutici?

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